Un ddl oltre il grottesco propone 20mila euro di sconto ma solo per chi sceglie il parroco: poi la retromarcia, ma la crisi di Salvini & co è palese
Tratto da Wired, di Simone Cosimi
A un mese dal decollo del nuovo governo la Lega è già alla frutta dei bonus matrimoni. Solo quelli celebrati in chiesa, s’intende, non sia mai che la laicità dello Stato riesca a far breccia nella brodaglia pseudocattolica tutta crocefissi e preghierine di Matteo Salvini e compagnia. C’è da dire che il bonus da massimo 20mila euro è un’iniziativa parlamentare: c’è un disegno di legge, depositato domenica sera, di cui si è discusso non poco nelle ultime ore e che potrebbe serenamente finire in un vicolo cieco. Oppure no: in fondo lo storytelling del provvedimento non dev’essere poi troppo sgradito alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che pure sembra preferirebbe passare da misure più concrete come il (sacrosanto) taglio dell’Iva sui prodotti per l’infanzia o l’irrobustimento dell’assegno unico famigliare, sarebbe meglio per tutti ma per ora per i nuclei più numerosi.
C’è un’allegra brigata alla firma del ddl, capitanata dal vice-capogruppo a Montecitorio Domenico Furgiuele. Il problema di Furgiuele e di molti altri che ne condividono le urgenze? Troppo pochi matrimoni in chiesa. Nel paese del “digital divide”, del “social divide”, dell’ascensore sociale bloccato, delle macroscopiche differenze in crescita fra le opportunità offerte ai cittadini, la priorità è dunque chiudere un altro “divide”, quello matrimoniale che oppone sindaco e parroco, istituzioni laiche e presidi confessionali. E lo mettono nero su bianco, visto che nell’introduzione alla proposta riportata da Repubblica si dice che mentre le unioni con rito civile sono cresciute rispetto ai livelli pre-pandemici (+0,7% nel 2021 sul 2019) quelli con rito ecclesiastico continuano inesorabilmente a calare.
E mentre questo è o dovrebbe essere un problema pastorale, tutto interno alla chiesa cattolica che fra l’altro non è che faccia poi molto per rendere più agevoli e serene le unioni di chi crede ma magari qualche esitazione ce l'ha, una pattuglia di leghisti al primo mese di legislatura pensa bene di introiettarla fra le emergenze del paese. Perfino con una certa ambizione dottrinale. “Molte coppie sono dubbiose sui corsi prematrimoniali, i quali hanno una finalità ben precisa e spesso sottovalutata: cercare di far capire alla coppia se si è realmente pronti nel prendere la decisione di sposarsi" si legge nel catechetico ddl.
Dimenticando dunque, con questa vergognosa detrazione d’imposta del 20% per un massimo di 20mila euro da far valere in cinque anni, che uno stato civile e laico dovrebbe sostenere, senza distinzione, ogni cittadino meglio se con provvedimenti individuali o rapportati al reddito del nucleo famigliare che legati a uno sconto per una libera scelta. Tant’è, l’industria del wedding è forte ma ancora più forte è la Conferenza episcopale italiana. Fra l’altro, la maxi-detrazione non sarebbe ovviamente per tutti ma solo per chi è italiano da almeno dieci anni – prima gli italiani, anche all’altare – con un reddito inferiore ai 23mila euro considerando entrambi i nubendi. Un provvedimento da oltre 700 milioni di euro, una follia assoluta quando non mancherebbero i fronti su cui spenderli in modo giusto ed equo.