Tratto da Il Foglio
The Lancet in allarme per l’eutanasia in Canada: anche la “bibbia” dell’establishment medico-scientifico denuncia la deriva della “dolce morte”. “Con l’aumento del numero di decessi in base alle disposizioni della legge sull’assistenza medica a morire, la sua imminente espansione includerà le persone con malattie mentali”, racconta la rivista. L’anno scorso, già tre esperti dei diritti umani delle Nazioni Unite hanno riferito che la legge canadese vìola la Dichiarazione universale dei diritti umani. Il Bill C-7 riconoscerà il diritto all’eutanasia non più soltanto ai malati terminali capaci di intendere e di volere, ma anche alle persone affette da demenza. “I futuri canadesi dovranno scusarsi per l’eutanasia ai disabili?”. L’editoriale è stato pubblicato due settimane fa dal Washington Post, un giornale non certo avvezzo alle guerre culturali.
Tra il 2016 e il 2021, il personale medico ha somministrato dosi letali a più di 31 mila persone che di solito, ma non sempre, erano malate terminali. Una inchiesta dell’Associated Press ha tirato fuori un audio in cui il direttore di un ospedale canadese dice a un paziente non terminale che la sua degenza in ospedale “ci costa 1.500 dollari al giorno” e che l’eutanasia sarebbe raccomandata. Dei 10 mila canadesi che hanno ricevuto l’eutanasia lo scorso anno, 1.740 soffrivano di solitudine, come si evince dal rapporto annuale del dipartimento della Salute. La “dolce morte” non era riservata soltanto ai malati terminali? Tim Stainton, direttore del Canadian Institute for Inclusion and Citizenship dell’Università della British Columbia, ha descritto la legge canadese come “probabilmente la più grande minaccia esistenziale per le persone disabili dai tempi del programma nazista nella Germania degli anni 30”. C’è più di un motivo per essere allarmati da questo piano inclinato.